Le due case editrici che hanno curato la pubblicazione postuma di "Petrolio" di Pasolini, lo hanno fatto con colori diametralmente opposti.
La Einaudi nel 1992, pubblicò Petrolio con una copertina totalmente bianca. Purezza del pensiero, saggezza della vecchiaia, senso di pulizia e di giustizia, spirito libero e casto che trova, nella voce sempre fuori dal coro di Pasolini, una espressione forte, di denuncia e di sgomenta consapevolezza della china discendente che l'Italia aveva intrapreso dopo l'omicidio di Enrico Mattei.
La Mondadori - forse più banalmente - pubblica nel 2005 Petrolio con una copertina totalmente nera; è più ovvia, ma mio modesto parere, non è solo banale perchè il nero è il colore del petrolio, ma è come se si volesse banalizzare un pensiero, un'idea e quindi renderla meno incisiva e quindi, in un certo senso, defraudarla della sua importanza.
Petrolio non nasce come un saggio. Ma forse non nasce nemmeno come un romanzo, e Pasolini stesso scriverà a Moravia che " Ho iniziato un libro che mi impegnerà per anni, forse per il resto della mia vita. Non voglio parlarne, però: basti sapere che è una specie di summa di tutte le mie esperienze, di tutte le mie memorie"... quindi sembrerebbe un libro- testamento. E comunque si tratta di un libro incompiuto perchè il 2 novembre 1975 Pasolini viene trovato massacrato all'Idroscalo di Ostia a Roma. Non so quanti si ricordano esattamente cosa stavano facendo nel momento in cui la notizia venne diffusa. Era il 2 novembre 1975. Dalla radio della cucina, mentre aiutavo le mie sorelle a sparecchiare (avevo 9 anni) sentii la notizia della morte di Pasolini. Deve essere stato il modo in cui la notizia è stata data che deve avermi colpito; di Pasolini avevo sentito parlare da mia sorella più grande. Ma se ne parlava di nascosto, se ne ascoltavano le interviste con il volume della televisione basso... Pasolini non piaceva a mio padre, non piaceva a mio zio maresciallo dell'esercito... Pasolini non piaceva quasi a nessuno. La sua voce risultava sgradevole e le cose che diceva non lo erano di meno; non piaceva alla destra e non piaceva nemmeno alla "sua" sinistra. Eppure il suo potere d'attrazione era talmente forte, che non si poteva non restare lì, incollati allo schermo in bianco e nero a guardarlo, tranquillo, rispondere alle domande di Biagi consapevole profeta che quel tempo stava per finire e ciò che avremmo avuto davanti era un futuro pieno di tecnologiche incognite... anche se ciò che di lui la stampa più volentieri emanava, erano i bollettini sui suoi processi, sulle sue denunce, quasi sempre per lo stesso motivo... offesa alla morale pubblica, vilipendio, adescamento di ragazzini...
Così, in tutti questi lunghi anni, ho coltivato un po’ frammentariamente, la conoscenza con Pasolini. Potrei parlare dei suoi film, delle simbologie, della religione,... ma davvero Petrolio è stato la summa di tutto. E non solo è stato un libro testamento, ma è forse anche l'epilogo scenografico per cui - mi convinco sempre di più - che quello di Pasolini non sia stato un omicidio, ma un suicidio annunciato. E questa consapevolezza, mi è arrivata proprio dalla lettura di Petrolio...
Il libro è un viaggio, o meglio, una fantastica visione dello scandalo Eni che portò all'omicidio di Enrico Mattei. Ma pur essendo pieno di riferimenti storici, è scritto con la leggerezza di una poesia; è avvincente come un giallo nel tempo stesso è pieno di un candore quasi inesprimibile; Pasolini - che pure era un Intellettuale difficile ed esigente - si meraviglia, anzi si sgomenta della forza distruttrice della politica e tutta la storia ruota in modo davvero circolare sulla doppia identità di un personaggio che è nel contempo meschino e poetico, fino alle lacrime. Il doppio ritorna, così come in Kafka, come in Borges, come in Durrenmatt... ma è un doppio che vive nel suburbio di una città caotica e crudele, che fa male e a cui viene fatto del male ed alla fine la vera ragione del romanzo - la morte di Mattei e lo scandalo Eni - diventa una sorta di fondale fisso eppure in continua evoluzione davanti a cui tutta la storia si srotola. Non voglio scrivere di più, perchè è difficile scrivere senza cadere nella banalità delle cose già dette e ridette. Io so che da quando ho letto Petrolio, la letteratura per me non è stata più la stessa e la magia del romanzo incompiuto, come sempre mi accade, ha fatto il resto, aprendomi scenari nuovi ed inesplorati, fino a farmi giungere alla conclusione che quella sera di Novembre del 1975, Pasolini è andato a quell'appuntamento con la reale consapevolezza che voleva morire, che era una morte esagerata, che voleva regalarci, un sacrificio, l'ultimo, per un uomo che aveva vissuto in modo esagerato tutta la sua vita. Era come la fine di un suo copione, un finale a sorpresa, un finale che ci avrebbe fatto riflettere e che avrebbe sollevato (ed irritato) molte coscienze. E non è per vigliaccheria che non si è annodato una corda al collo o si è sparato un colpo di rivoltella... E forse ci avrebbe voluto dire, che non era solo un uomo che si stava suicidando, ma la poesia e la forza del pensiero e la fede. Immagino che questo commento possa suscitare varie e diverse reazioni. Si può essere d'accordo o no. E non bisogna essere intellettuali o presunti tali per esprimere un'opinione. Io scrivo, scrivo di visioni, scrivo di finzioni, scrivo storie che non stanno nè in cielo nè in terra, e questo mi affascina di uno scritto. La possibilità che esso possa essere pura visione o - come direbbe Borges - pura finzione. E quindi non esprimo un giudizio politico, nè sociologico, ma solo un punto di vista letterale ed umano. E quanto più un libro resta incompiuto, tanto più allarga i confini delle possibilità e diventa un inestricabile dedalo di sentieri diversi. Bisogna solo abbandonare ogni forma di pregiudizio e farsi guidare dalla poesia, e in qualche luogo, certamente, si arriverà lo stesso. Anche senza guide.
OMBRA
La Einaudi nel 1992, pubblicò Petrolio con una copertina totalmente bianca. Purezza del pensiero, saggezza della vecchiaia, senso di pulizia e di giustizia, spirito libero e casto che trova, nella voce sempre fuori dal coro di Pasolini, una espressione forte, di denuncia e di sgomenta consapevolezza della china discendente che l'Italia aveva intrapreso dopo l'omicidio di Enrico Mattei.
La Mondadori - forse più banalmente - pubblica nel 2005 Petrolio con una copertina totalmente nera; è più ovvia, ma mio modesto parere, non è solo banale perchè il nero è il colore del petrolio, ma è come se si volesse banalizzare un pensiero, un'idea e quindi renderla meno incisiva e quindi, in un certo senso, defraudarla della sua importanza.
Petrolio non nasce come un saggio. Ma forse non nasce nemmeno come un romanzo, e Pasolini stesso scriverà a Moravia che " Ho iniziato un libro che mi impegnerà per anni, forse per il resto della mia vita. Non voglio parlarne, però: basti sapere che è una specie di summa di tutte le mie esperienze, di tutte le mie memorie"... quindi sembrerebbe un libro- testamento. E comunque si tratta di un libro incompiuto perchè il 2 novembre 1975 Pasolini viene trovato massacrato all'Idroscalo di Ostia a Roma. Non so quanti si ricordano esattamente cosa stavano facendo nel momento in cui la notizia venne diffusa. Era il 2 novembre 1975. Dalla radio della cucina, mentre aiutavo le mie sorelle a sparecchiare (avevo 9 anni) sentii la notizia della morte di Pasolini. Deve essere stato il modo in cui la notizia è stata data che deve avermi colpito; di Pasolini avevo sentito parlare da mia sorella più grande. Ma se ne parlava di nascosto, se ne ascoltavano le interviste con il volume della televisione basso... Pasolini non piaceva a mio padre, non piaceva a mio zio maresciallo dell'esercito... Pasolini non piaceva quasi a nessuno. La sua voce risultava sgradevole e le cose che diceva non lo erano di meno; non piaceva alla destra e non piaceva nemmeno alla "sua" sinistra. Eppure il suo potere d'attrazione era talmente forte, che non si poteva non restare lì, incollati allo schermo in bianco e nero a guardarlo, tranquillo, rispondere alle domande di Biagi consapevole profeta che quel tempo stava per finire e ciò che avremmo avuto davanti era un futuro pieno di tecnologiche incognite... anche se ciò che di lui la stampa più volentieri emanava, erano i bollettini sui suoi processi, sulle sue denunce, quasi sempre per lo stesso motivo... offesa alla morale pubblica, vilipendio, adescamento di ragazzini...
Così, in tutti questi lunghi anni, ho coltivato un po’ frammentariamente, la conoscenza con Pasolini. Potrei parlare dei suoi film, delle simbologie, della religione,... ma davvero Petrolio è stato la summa di tutto. E non solo è stato un libro testamento, ma è forse anche l'epilogo scenografico per cui - mi convinco sempre di più - che quello di Pasolini non sia stato un omicidio, ma un suicidio annunciato. E questa consapevolezza, mi è arrivata proprio dalla lettura di Petrolio...
Il libro è un viaggio, o meglio, una fantastica visione dello scandalo Eni che portò all'omicidio di Enrico Mattei. Ma pur essendo pieno di riferimenti storici, è scritto con la leggerezza di una poesia; è avvincente come un giallo nel tempo stesso è pieno di un candore quasi inesprimibile; Pasolini - che pure era un Intellettuale difficile ed esigente - si meraviglia, anzi si sgomenta della forza distruttrice della politica e tutta la storia ruota in modo davvero circolare sulla doppia identità di un personaggio che è nel contempo meschino e poetico, fino alle lacrime. Il doppio ritorna, così come in Kafka, come in Borges, come in Durrenmatt... ma è un doppio che vive nel suburbio di una città caotica e crudele, che fa male e a cui viene fatto del male ed alla fine la vera ragione del romanzo - la morte di Mattei e lo scandalo Eni - diventa una sorta di fondale fisso eppure in continua evoluzione davanti a cui tutta la storia si srotola. Non voglio scrivere di più, perchè è difficile scrivere senza cadere nella banalità delle cose già dette e ridette. Io so che da quando ho letto Petrolio, la letteratura per me non è stata più la stessa e la magia del romanzo incompiuto, come sempre mi accade, ha fatto il resto, aprendomi scenari nuovi ed inesplorati, fino a farmi giungere alla conclusione che quella sera di Novembre del 1975, Pasolini è andato a quell'appuntamento con la reale consapevolezza che voleva morire, che era una morte esagerata, che voleva regalarci, un sacrificio, l'ultimo, per un uomo che aveva vissuto in modo esagerato tutta la sua vita. Era come la fine di un suo copione, un finale a sorpresa, un finale che ci avrebbe fatto riflettere e che avrebbe sollevato (ed irritato) molte coscienze. E non è per vigliaccheria che non si è annodato una corda al collo o si è sparato un colpo di rivoltella... E forse ci avrebbe voluto dire, che non era solo un uomo che si stava suicidando, ma la poesia e la forza del pensiero e la fede. Immagino che questo commento possa suscitare varie e diverse reazioni. Si può essere d'accordo o no. E non bisogna essere intellettuali o presunti tali per esprimere un'opinione. Io scrivo, scrivo di visioni, scrivo di finzioni, scrivo storie che non stanno nè in cielo nè in terra, e questo mi affascina di uno scritto. La possibilità che esso possa essere pura visione o - come direbbe Borges - pura finzione. E quindi non esprimo un giudizio politico, nè sociologico, ma solo un punto di vista letterale ed umano. E quanto più un libro resta incompiuto, tanto più allarga i confini delle possibilità e diventa un inestricabile dedalo di sentieri diversi. Bisogna solo abbandonare ogni forma di pregiudizio e farsi guidare dalla poesia, e in qualche luogo, certamente, si arriverà lo stesso. Anche senza guide.
OMBRA