lunedì 2 febbraio 2009

INTORNO A PRAGA E K.

Kafka è in assoluto il mio scrittore preferito.
Un po’ perché un cancerino, come me… ma non solo.
Perché è un visionario, un pazzo, con occhi tristi e una grande energia.
“Il Castello” è un trip incredibile.
Dicono che ci sia un segreto per “sopravvivere” a “ Il Castello”.
E’ meraviglioso avere la possibilità di scrivere un romanzo che resti incompiuto.
A pochi, credo, è concesso.
Un romanzo senza fine ha il sapore della delusione.
…perché alla fine di un romanzo, ci si aspetta un epilogo, qualcosa che lasci intravedere la fine, il nostro senso di sicurezza di aver compreso bene, il nostro appagamento per essere giunti al termine di qualcosa. Celine avrebbe detto “ … al termine della notte”, ma in un romanzo incompiuto, il giorno non arriva mai. E la notte non termina.
…ma un romanzo incompiuto è una sorta di magico stato dell’anima.
Un romanzo incompiuto resiste allo straripante bisogno che abbiamo, di avere certezze.
E poi Kafka è un maestro nel creare situazioni assurde, a volte anche imbarazzanti.
E la più grande forza gli arriva da questa quotidianità che schiaccia sotto il peso dell’abitudine.
Cosa c’è di più anonimo di un assicuratore o di un impiegato dello stato o di un usciere di un ministero?!

Camminando per le vie di Praga, Kafka – a chi sa ben vedere – si palesa.
Nonostante le frotte di individui colorati che quotidianamente giungono ad affollare le strade, Kafka lo incontri – redivivo – nella notte di nebbia, mentre le luci spazzolano appena il selciato di cui puoi seguire le fughe con il dito.
Mi avevano parlato di Praga come di una città romantica. Certo, su Ponte Carlo puoi vedere coppiette abbracciate come gli innamorati di Peynet che scattano foto mentre si baciano.
Ma Praga non è una città romantica…non cerchi l’amore a Praga, né un consolante abbraccio, o un bacio appassionato…
Praga è una città malinconica… sulle rive della Moldava ci sono abitazioni che sembrano fatte con i mattoncini Lego. Sono colorate e con i tetti a punta. Ma sono come i pagliacci in un circo. E la Moldava stessa è immobile e inquieta nello stesso tempo.
Sì, è vero, Praga è magica, ma come ogni magia, può diventare pericolosa.
Camminare la notte nei vicoli del Ghetto, è esporsi al pericolo… non di aggressioni fisiche, no, l’aggressione di cui si resta vittima è lo sgomento e la percezione dell’anima dei morti, mentre ti aspetti di vedere spuntare dietro una minuscola porta il Golem.
Ho deciso, quindi, che Praga è la mia città di adozione. Mi ha accolta, mi ha stretta, mi ha ascoltata.
Non è solo architettura, non è solo storia, nemmeno solo letteratura.
Praga è un modo di vivere, di resistere.
E Kafka non è solo uno scrittore…, è un abbaglio, un visionario, un modo di essere.
OMBRA