giovedì 15 settembre 2011

GOLFO MISTICO

Parsifal (di Richard Wagner, 1813-1883), formidabile monumento del decadentismo europeo che mescola contaminazioni di elementi sensuali e morbosi con l’attrazione fatale per il misticismo e l’ascesi, assunzione di una simbologia mitica che è lo strumento irrinunciabile per l’analisi psicologica di cui si fa portatore il modello di teatro wagneriano.
Il testo fu scritto da Wolfram von Eschenbach verso il 1210 in medio-alto tedesco e si basa a sua volta sul Perceval di Chrétien de Troyes.
La prima rappresentazione al Festival di Bayreuth fu diretta da Hermann Levi ed è noto che, nel corso dell’ultima recita, Wagner salì sul podio del golfo mistico e, strappata la bacchetta a Levi, diresse personalmente il terzo atto del suo dramma.

La chiave tematica dell’intero dramma sono i motivi dell’amore, della ferita e della lancia a cui fanno da sottofondo le tre virtù teologali (Fede-Speranza-Carità) intorno alle quali si muove la vicenda simbolica e mistica di Parsifal.

Nel dominio del Graal, in una foresta di fronte a un lago, sul far del giorno Gurnemanz, anziano cavaliere del Graal attende il re Amfortas malato per una ferita insanabile quando irrompe selvaggia Kundry, misteriosa creatura che espia nella sua doppia natura di peccatrice e penitente l’antica colpa di aver deriso il Cristo, recando un balsamo miracoloso.
L'antefatto: Titurel, padre di Amfortas, ricevette in custodia dagli angeli le sacre reliquie della Passione, la coppa della cena e la lancia con cui Longino aveva trapassato il costato del Salvatore, oggetti custoditi in un santuario (castello di Monsalvat)  quando il mago Klingsor cercò di espiare i propri peccati estirpandone la radice ed evirandosi, dal folle gesto nacque per incantesimo demoniaco il suo giardino delle delizie, luogo popolato da seducenti creature femminili, che hanno il compito di piegare al peccato la purezza dei cavalieri e portare alla perdizione l’ordine del Graal, così come lo stesso erede di Titurel, Amfortas che, cedendo alle lusinghe delle seduttrici ha perduto la sacra lancia e prodotto sul costato la ferita che mai si rimargina a meno si avveri una profezia che dice che la lancia sarà recuperata da un puro folle, sapiente per la cognizione del dolore altrui.

E siamo al protagonista Parsifal che colpisce mortalmente uno dei sacri cigni con una freccia e quando rimproverato da Gurnemanz risponde di non sapere nulla, d’ignorare chi sia suo padre e persino il proprio nome; sa solo che sua madre si chiama Herzeleide (‘Dolor di cuore’) e d’aver sempre abitato nella selva.
Kundry sa invece molte cose di quel misterioso ragazzo. Che è figlio di Gamuret e che è cresciuto in una folle solitudine, che però l’ha fortificato.

Gurnemanz,  confidando che questo ragazzo sperduto possa essere il «puro folle» dell’oracolo, conduce Parsifal al castello e lo avverte che «spazio qui diventa il tempo» ("zum Raum hier wird die Zeit"). Parsifal, colpito dalle sofferenze di Amfortas, si porta la mano al cuore, restando immobile e come stralunato mentre Gurnemanz si adira con lui per la apparente imperturbabilità di fronte al miracolo del Graal, e lo caccia dal santuario intimando: «Lascia i cigni in pace, e cercati, papero, la tua oca!».

Mentre nel castello incantato, il mago Klingsor attende l’arrivo di Parsifal e ne prepara l’annientamento Kundry, recalcitrante all’idea di mettersi ancora a servizio delle sue opere malvagie cede e s’appresta a una nuova opera di dannazione: la torre del mago scompare e al suo posto si materializza il giardino delle delizie, ricco di fiori esotici. Parsifal entra stupito, e subito nasce una gara fra le fanciulle per accaparrarsi le grazie del ragazzo interrotta dall’apparizione improvvisa di Kundry, che per la prima volta chiama Parsifal col suo nome.
Rievoca poi l’infanzia di Parsifal, l’amore della madre Herzeleide e la sua morte prematura, e subdolamente, gli offre il suo amore al posto di quello della madre, Parsifal si divincola da quella stretta sensuale e sente bruciare sul proprio corpo la ferita di Amfortas, provocata da una seduzione simile, rivive la caduta del re, la sua seduzione, e trova la forza di respingere Kundry, la corruttrice, che cerca di giustificarsi con lui narrandogli la propria maledizione, iniziata nel tempo lontano in cui osò deridere Cristo mentre saliva al calvario. Ma la repulsione di Parsifal nei suoi confronti è irremovibile: Kundry invoca l’aiuto di Klingsor, che sopraggiunge per colpire Parsifal con la sacra lancia.
Miracolosamente, l’arma si ferma a mezz’aria sopra la testa del ragazzo, divenuto uomo: Parsifal la brandisce e traccia nell’aria un segno di croce. A quel gesto il giardino inaridisce, il castello di Klingsor crolla e Kundry s’abbatte al suolo con un grido. Prima di abbandonare la scena, Parsifal si volge a lei e le dice: «Tu sai dove potrai ritrovarmi».

Atto terzo . Lieto fine. Parsifal trasforma quella forza umana e pagana d’amore in evangelica charitas: l’amore vero, l’unica salvezza del genere umano e l’unica autentica forza redentrice che tiene però anche conto dell’interesse di Wagner per la spiritualità buddhista (un progetto mai realizzato di dramma, dal titolo I vincitori , avrebbe dovuto ispirarsi proprio a Siddharta).


Nietzsche, scrisse «La verità è che il personaggio di Parsifal altro non è che il superamento e la perfetta spiritualizzazione del suo predecessore Siegfried: il ‘puro folle’ è un ingenuo come il nordico eroe, ma quell’inconsapevolezza un po’ stolida e animalesca trova finalmente il suo superamento nella cognizione del dolore, e quindi in una dimensione d’umanità infinitamente superiore. Peraltro, la ricchezza musicale del Parsifal è di natura squisitamente germanica: come già era accaduto in larga parte nei Meistersinger , la principale fonte d’ispirazione per Wagner sembra esser stato l’immenso patrimonio della musica luterana, e in particolare l’elaborazione del corale secondo l’eredità di Bach. L’estremo capolavoro racchiude anzi in sé un intero secolo di riscoperta dei grandi maestri barocchi tedeschi, quella linea di progressiva autocoscienza della nazione musicale germanica che dagli oratori di Haydn porta al Fidelio e alla Nona Sinfonia di Beethoven, agli oratori di Mendelssohn (ai quali, soprattutto, è debitore il Parsifal), alle Faust-Szenen di Schumann, al Christus di Liszt e al Deutsches Requiem di Brahms. Tuttavia, l’alleggerimento del cromatismo (che in Tristan era pervenuto a una vera esasperazione armonica) in favore di modalismi, di arcaismi e di una maggior trasparenza di scrittura, è da porre in relazione anche con le avvisaglie del movimento ceciliano in Germania, e in particolare con la riscoperta di Palestrina, il cui Stabat Mater era stato uno dei principali oggetti di studio per Wagner negli anni precedenti Parsifal . Per contro il secondo atto, con le sue contorsioni drammatiche e la sua opulenza sensuale, fa da geniale contrasto alla materia statica e contemplativa dei due che l’incorniciano, e apre la strada alla sterminata diffusione del gusto floreale dei decenni tra Ottocento e Novecento. Grazie soprattutto alla sua ricchezza di simboli e alle meraviglie di un’orchestrazione incomparabilmente opulenta e dotata di sfumature, Parsifal fu un’ineludibile pietra miliare per tutti i musicisti vissuti alla fine del secolo scorso e al principio di questo. Senza il simbolismo dell’ultimo dramma wagneriano sarebbe stato impossibile giungere al teatro del mistero di Pelléas et Mélisande, così come senza Kundry difficilmente si potrebbe immaginare Salome. Come ebbe a scrivere Debussy, «il Parsifal è uno dei più bei monumenti sonori che siano stati elevati alla gloria imperturbabile della musica».

testo liberamente tratto da qui CLICK

Teti