lunedì 30 novembre 2009

TRAMA E ORDITO

Tessuto diventa una parola dalla tessile accezione quando la trama intreccia, con percorso orizzontale, l’ordito verticale. Tale intreccio di fili ci ricopre e caratterizza (l’abito fa il monaco) assumendo molteplici aspetti a seconda della quantità di orditi e trame che lavorano insieme. La mano che tocca il tessuto definisce le sue caratteristiche di morbidezza, calore, rigidità, compattezza, pelosità, scorrevolezza. La “mano” può essere: soffice, increspata, voluminosa, dolce, liscia, pesante, pastosa, granulosa, molle, secca, dura, fine, serica, gonfia, scattante, ruvida, ondulata, rustica, levigata e sostenuta.

Tessuto diventa una parola dalla biologica accezione quando indica un insieme di cellule simili per struttura e funzione, più o meno ammassate e connesse tra loro, come in un gioco a incastri. E’ presente solo negli animali e nelle piante (in forma solo abbozzata nei poriferi e nelle briofite) e può essere solido o fluido (sangue e linfa). Anche nell’accezione biologica, una delle funzioni del tessuto è il rivestimento (vedi quello tegumentale delle piante). E’ il microscopio che ci svela il segreto e complesso disegno dei tessuti umani e vegetali, diverso a seconda della funzione che svolgono: filamentoso, floreale, ligneo spugnoso, fascicolare, stratificato, arboreo…

Tessuto diventa una parola dalla urbanistica accezione quando strade, antiche mura e forme di un abitato assecondano, s’incastrano o si sovrappongono alla naturale morfologia di un territorio producendo tessuti talvolta bizzarri, talvolta armoniosi (ciò dipende da molteplici fattori in cui preferisco non addentrarmi). Possono raggiungere straordinaria eleganza i disegni del paesaggio naturale, quelli dei campi coltivati e dei giardini… Ogni angolo della terra ha il suo tessuto caratteristico, sia naturale che antropico, ed è la mappa che ne svela i tratti, meglio ancora la foto aerea che mostra dal cielo tessuti variamente colorati, stellati, radiali, circolari, regolari, irregolari e, sempre più spesso, sfibrati e logori per il troppo sfruttamento.